venerdì 22 aprile 2016

    Mi sento "sottotono". Guardo gli altri in modo sospetto. Sto un po’ sulle mie… e quando parlo poco significa che "penso" molto… che studio nuove strategie. E sto correndo ai ripari per arginare alcuni miei cedimenti… improvvisi e non voluti. Qualche settimana fa, mentre percorrevo la solita tratta: Varese -Milano passante- Treviglio, che mi portava in Tribunale, leggevo un articolo sul solito Giornale e mi sorgeva (anche a me) il dubbio (dell'autore): "Troppa giustizia social...e produce solo l'effetto di renderci meno liberi"[ ? ] Se lo Stato è convinto di dover assicurare almeno un quantitativo di giustizia uguale per tutti per assicurarci un minimo di uguaglianza, lo Stato ci deve rendere meno liberi attraverso la restrizione. Indi per cui, è lecito domandarci se ogni desiderio è un diritto? Un tempo si diceva: "Ogni desiderio è un ordine" (io sono il tuo servo), ma oggi non si può più affermare che ogni desiderio è un diritto, perché ritengo che ci portiamo appresso l'idea che ogni desiderio debba tramutarsi in diritto grazie ad una malintesa cultura egualitarista di sinistra (come teoria morale, intendo, che pone in risalto l'uguaglianza di tutti gli esseri umani) che ha letteralmente egemonizzato il principio di umanità distorcendolo oltre ogni ragionevole dubbio. Io non ho avuto nessun figlio, ma so che non era mio diritto averli, nel caso in cui fossero nati, vivi… Tant'è vero che i procedimenti per le adozioni sono complessi e con esiti non prevedibili. E che cosa dovrei pensare della maternità surrogata? Dell'utero in affitto? O di certe donne che per avere un bambino, scelgono di andare all'estero e pagare un'altra donna bisognosa… Ed è giusto? Bah… Ha ragione allora Vittorio Sgarbi quando afferma, con veemenza, che si tratta soltanto di "capricci da ricchi"? O invece bisogna convincersi che un figlio fortemente voluto, anche da una coppia gay, riceverà immensamente più amore di un bimbo magari nato in una coppia etero inadeguata, litigiosa, o peggio? Ecco… Preferisco pensare, nel dubbio, che non basta "sudare" per avere ciò che mi rende felice… occorre fare quello che lo Stato mi dice di fare! Quanto a me. Effettivamente mi sento, molto, "sottotono". Sono in preda ad un disagio e dovrei ripetermi davanti allo specchio (o anche solo mentalmente): "Io sono nessuno". Io non sono la persona che si è sentita offesa, alla fine di un "qualcosa"… (anche banale, come una chiacchierata) e che deve mettere le cose a posto, perché vuole la rivincita… in un certo senso… No. Dovrei smettere di rifletterci sopra… di ripensare all'episodio che mi ha fatto (e che mi fa, ancora) soffrire, se ci penso nuovamente, non fa altro che aumentare il mio disagio, dal momento che: quel "essere nessuno" implica dunque di non "avere risposte da dare". Magari, potrei aver ragione, anche questa volta? Probabilmente…

    (Dedicato... a quella parte di me che, ancora, non vuol "sentire")


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