venerdì 20 gennaio 2017

    Il mio occhio [...] spesso si appropria della mansione svolta dalla mia lingua.... Non si limita ad osservare, come farebbe un uomo adulto, ma assaggia, parla e stuzzica. In determinate circostanze può persino mordere... Inoltre io sono nota per "guardare" e non vedere. Specie se sono impegnata nella rincorsa, vigile, dei miei pensieri. Allora in quel frangente, il mio occhio guarda, ma se mi dovessero chiedere un particolare, spesso mi accorgo che -pur avendo visto- non ho osservato bene. Ecco... "Osservare", che significa anche fissare lo sguardo, perchè nulla possa sfuggire alla mia analisi. Mentre "scrutare" è l'approfondimento, sia in un campo che nell'altro, che può determinare eccessi positivi e negativi a volte deleteri ... Lo stesso dicasi tra, "sentire" e "ascoltare". L'orecchio sente, ma non può ascoltare, a volte... perchè l'ascolto attivo è più profondo e interessa non solo l'udito, ma anche l'aspetto emozionale e razionale della propria mente.

    (Dedicato ♥)

lunedì 16 gennaio 2017

Questi… sono momenti in cui penso ad almeno trenta cose insieme e sono tutte importanti, tutte da prima linea. Sgomitano, si fanno spazio. Provo almeno una decina di sensazioni allo stesso tempo e non è che mi dimentichi come si fa a respirare: mi dimentico proprio di essere viva fino allo scortico. Mi dimentico di volere tutte le sbandate… di bucare la vita con i morsi, infilare le mani nel suo pulsare, scavare la vita… scrostarla, sfondarla, pericolarla… battermi con Lei fino ai suoi sigilli. Mi dimentico di essere me. Di essere qualcuno. Qualcosa. Il mio corpo che vibra e racconta di sé. Il mio corpo… a ricordarmi che sono mortale… di carne e dolori. Questi… sono momenti in cui sento la mia vita da attraversare. La sento nel naso. Ne sento l'odore e la respiro. La sento sulla lingua. Ne sento il sapore di noce moscata e miele. La sento al tatto… la tocco, stringo il niente, ma mi aggrappo a Lei. La odo, mentre grida e geme o si lamenta. E la vedo infine… La vedo scorrere sulla pelle, vedendone i segni che il tempo lascia, i lividi e le cicatrici con i piercing, i microdermal e le rughe. A bocca aperta. A piene mani. Con il corpo nudo. Il Mio. Mi rivedo piccola e ben pettinata. Sono io, quella, che scruta il cielo aspettando che piova, come se la pioggia potesse lavare i miei peccati, quelli che non ho commesso… Sono io che guardo un film, stupido, seduta accanto a una persona, che amo, ma che non ha capito niente di me. Sono ancora io la somma delle parole non dette, dei rimorsi che mi urlano di non dormire, la somma delle fotografie nascoste nei cassetti pieni di penne a sfera, rotoli di scotch, puntine e fermargli per la carta. Sono sempre io lo sguardo che rivolgo alla pila dei libri non letti. Io sono quella che non dimentica, che ricorda dopo un esame, che sia uno di quelli della Vita o uno di quelli universitari. Sono il livido che s'è riassorbito dopo una rovinosa caduta. Sono le croste alle ginocchia e quelle alle mani, che mi ricordano che c'è sangue che scorre…Cadere e rialzarmi. Smoccolare e sorridere, perché il peggio è passato… Sono io, che mi fingo interessata, io che ancora piango al Cimitero, io che urlo parole, che non penso, a qualcuno che mi ama davvero. Sono ancora io che scappo, per prima, io che ancora mi metto il rimmel e l'eyeliner, di colore nero, sugli occhi… "anche se so che non va bene..." (Cit.) Sono io che rientro a casa dallo Studio, la sera, senza aver voglia di parlare, io che non dormo, ma provo a riposarmi… Ancora io che faccio l'amore rimanendo quasi zitta, quando sono innamorata, trovando piuttosto eccitante non potere esplicitare il piacere che provo…io stessa. Sono sempre io che vengo rifiutata… da uno, che chissà come si chiamava? Io che fatico a voltare pagina. Anzi… Io che non ce la faccio proprio. Io che non parlo, io che ci provo lo stesso. E io che scrivo. Scrivo sì, certo che scrivo, perché altrimenti che me ne faccio di tutta questa roba, ormai passata, che del tutto non mi passa mai?

(Dedicato ♥)

venerdì 13 gennaio 2017

    I miei saper aspettare e i miei sapermi fermare. Quando so saper andar via. Quando spero... in un po' di fortuna. Il mio saper cogliere il momento giusto. Il mio sapermi perdere... Il mio modo di amare, credo. Una forma di pudore, infine. Quella mia gratitudine. Quel parlar piano per non disturbare. Di quell'ultimo tramonto del 2016... che fu... Dell'amore e di me, delle mie spalle rigide e della mia schiena ricurva... Una delle cose che mi piacevano della dominazione e della... sottomissione. Dei miei terremoti interiori, che mi devastano sempre l'anima. Delle miei autopunizioni. Continue e troppo severe... Del mare a Dicembre, che spesse volte manco di vedere.... Delle verità che si stanno rivelando all'improvviso, della speranza e della paura, di essere diventata un "punto fermo" nella vita di qualcuno. Senza magari aver imparato qualcosa di nuovo, ma solo ricordato qualcosa che sembrava perso per sempre... di quello che è stato (e che è stato tanto) non mi basteranno altri dieci anni almeno - per comprendere- dei quadri moderni, dipinti da mia sorella, che non ci si capisce niente, ma sono perfetti così, delle storie che ancora non ho inventato, dell'anno nuovo, da qualche giorno arrivato, già pesante come un macigno.... magari per colpa delle mutande rosse che non ho indossato?? Dei bar chiusi il primo di Gennaio e della mancanza dei giornali nelle Edicole, degli abbracci alla stazione, dei treni che non dovevano ripassare e invece poi... Della casa al mare, che vorrei raggiungere, per farmi qualche giorno di vacanza, ma che poi... Delle ragazze sedute sul Muretto di Alassio e che parlano una lingua sconosciuta ai più: quella della leggerezza. Del lasciarmi prendere per mano, dei gesti coraggiosi che non cambiano la vita, ma mi spostano solo un po', che più il tempo passa e più spostarmi diventa faticoso. Dell'inaspettato, dello squallore della meschinità del nulla di cui è composto, dei giorni preziosi, degli auguri fatti di sfuggita, dei finali tristi che almeno per questa sera voglio fingere che non esistano...

lunedì 9 gennaio 2017

    https://www.instagram.com/ombrettamora/
    Non Ti penso più, certo... E mi ritrovo ad essere come carta velina. Mi guardo dentro e scopro in essere un respiro... accartocciato come origami. Non Ti penso più, certo... E mi accorgo che almeno potevamo mantenerci, tenerci-per-mano, ed è pazzesca questa sensazione qui... Noi non ci siamo mantenuti. Abbiamo continuato, da soli, a percorrere chilometri seminando tracce del nostro passaggio perpetuo, convinti di fare solo il nostro unico bene. Tu, a tuo modo... ed Io, portandomi dentro Chi non sono riuscita a tenermi accanto. Non Ti penso più, ed è vero... ma mi capita di ritrovarti nei miei pensieri, senza neppure cercarti. Ed è una brutta sensazione, questa, che mi fai provare. La sensazione di Chi pensa di raggiungere il largo, nuotando chilometri e si ferma, scoraggiata, perché le onde l'hanno sempre e solo riportata a riva. Perché mi hanno sempre e solo riportata a Te.

    (Dedicato a quei miei pensieri vitali che insistono e persistono a forarmi la pelle, le braccia, il corpo...)

sabato 7 gennaio 2017


    Giano, dio bifronte, cioè con due volti, certe volte rappresentato da un volto femminile e l'altro maschile, ma più delle volte da due barbuti volti maschili. Giano aveva il potere di guardare sia davanti a sé, che dietro a sé, cioè poteva vedere sia il passato che il futuro. Il primo mese dell'anno riceve il suo nome, per essere il mese in cui vi è il passaggio del vecchio al nuovo anno. E come un dio bifronte, vorrei sapermi slegare da ció che mi lega. Vorrei poter essere c...ome quei leggeri fiori che colgo d'estate e soffiandoci contro disperdono tracce di sé. Vorrei sapermi lasciare andare. Come quando ero bambina e fiera, con quell'aria di Chi ne ha trascorse tante collezionando esperienze, non restavo mai un attimo in più a pensare se fossi o non fossi ormai troppo grande per pretendere l'abat-jour, del comodino, accesa di notte... E in questa capovolta a mezz'aria all'indietro, mi rivedo a otto anni a sognare di averne dieci, di poter andare alle medie... poi fremere per fare la cresima, per andare alle superiori, ripetendomi: "Lí finalmente saró in pace". E avere tredici anni, poi quattordici. E in pace non sentirsi mai.... in quanto, sempre troppo tesa al futuro, impegnata a modellare strade come fossero pezzi di pongo. Mi rivedo mentre nei pomeriggi, in pausa pranzo, restavo, in classe, china sul banco a scrivere gli appunti delle lezioni passate che non avevo fatto in tempo a prendere intanto che tutti i miei compagni si impegnavano a rincorrersi, a tenersi per mano, a nascondersi, laddove io non avrei voluto altro che farmi trovare... Ma da certe solitudini ho imparato poi.... con il tempo, anche a farmi cullare. E "crescere" ha significato per me delimitare ogni cosa, assegnare un nome, osservare. E oggi scopro che per anni ho delimitato tutto con questa paura di farmi ferire... Lí a ripetermi: "Se so individuare ciò che puó ferirmi è più facile, poi, tenermi lontana". Ma la vita non è in rima (per quello che posso sapere) e i conti non sempre tornano... e a volte ció che pensavo potesse uccidermi mi salva, a volte ció che avrebbe dovuto salvarmi, invece.... mi uccide. Ripetermi, in sordina... "Vorrei sapermi lasciare andare", per poi continuare a pensare di non farlo mai. E mi accorgo così di stare volentieri ferma a tessere tele, su tele... immaginando come sarebbe stata la mia "Libertà"... se solo fossi nata Soffione per librarmi con forza affidando i miei semi al vento.